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Le ruggini e i silenzi bloccati che ogni abbandono porta con sé, come una muffa che lenta scivola a ricoprire anche i ricordi. Una sorta di accoglienza che del suo calore conserva solo tracce dei colori che indossa, lasciando che piano si spengano e che - del duraturo riverbero -  restino nient'altro che liquidi putrescenti. Acqua, ossigeno e terre: gli elementi che di ogni specie e forma sono l’origine, qui si rafforzano e sovrastano a vicenda, fino a diventare le uniche vite che restano e che, come in una gara di sopravvivenza, si cibano alla radice delle stesse possibilità che insieme generano. Le immagini di Ernesto Massimo Sossi parlano di solitudini scarne e di emozioni che consumano l’osso. Una corrosione viscerale che divora i suoi giochi di luci e li trasforma in amalgami di paste brune e coaguli di vecchie ferite. Bruciano tutto intorno e fanno terra rasa, ma non per questo sterile. Una capacità rigenerativa che scorge la superficie a cui attecchire; humus fecondo posto ben aldilà di ciò che è andato perduto e delle ceneri che in fine rimangono. Il seme della rinascita giace sepolto e nascosto, perpetuamente invisibile anche dopo che tutto è stato consumato e annientato. Ernesto mostra le segrete caverne di ciascuna coscienza. Ne ritrae gli ingressi invalicabili: le porte sbarrate che proteggono l’intimità di quel non detto che sempre ribolle, fisso e stantio, fra le sue grotte dalle pareti scrostate. Passione, lacrime e nuova vita: perché degli impulsi umani questi sono i principi scatenanti dell’evoluzione incessante. Ernesto ne scruta i recessi per proporre nuove forme, apparentemente distanti, eppure ne rimarca i concetti. Divenire, trasformazione e forme nuove. La vita innanzitutto, nelle macchie di un muro come spettri al microscopio, nello scegliere da quale parte stare delle “Invisibili soglie”, fra il “qui e ora” e l’ignoto che resta celato dietro a un ferro ricurvo, eppure incorruttibile custode dei segreti di quel “dopo” che sempre segue una fine qualunque.

Laura Coppa

Sofferenza, amore, disperazione, ricerca di uno spiraglio e poi ancora rassegnazione, una maschera dietro l’altra, ma l’uomo vero, la vera essenza viene messa a nudo.

Angela Tonni Perucci

Ernesto Massimo Sossi ha sviluppato un’intensa ricerca della forma visiva, con una forte adesione alla necessità ed al piacere di mostrare l’implicito valore di significati che non si fermano all’apparenza ma che invece dell’apparenza colgono il messaggio più muto e significativo, meno ascoltato o riconosciuto nel suo fondamento antropologico, sociale e culturale. Le sue opere artistiche orientano lo sguardo a verità diversamente interpretate e sottraggono alla banalità messaggi colmi di storia, per restituirli alla sacralità di mutamenti e riti di passaggio necessari quanto misconosciuti. Ogni immagine scelta, ogni opera realizzata muove dalla responsabilità che l’artista assume nel crescere di una consapevolezza da condividere.

Chi guarda è spinto ad essere a sua volta responsabile del proprio punto di vista, in una risonanza amplificatrice di senso e significato, secondo una modalità etica del fare arte.

Matilde Avenali

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